giovedì 29 agosto 2013

Tutto pronto per l’attacco in Siria, Sicilia a rischio guerra e rappresaglie

                                                        

                                                            Video EuroNews
 
 

La Sicilia nell'occhio del ciclone. Sì, perché nel caso di attacco Usa nei confronti della Siria di Assad – dato ormai per imminente (forse già domani) - le basi Nato dislocate nell'Isola potrebbero ricoprire un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale di guerra.
In occasione dell'attacco in Libia, gli aerei che, nelle intenzioni della propaganda occidentale, dovevano difendere la popolazione libica e che nella realtà devastarono di bombe tutte le città che non erano state occupate dai ribelli, partirono proprio dalla Sicilia. Le missioni di morte ai danni di interi villaggi devastati videro centinaia di aerei Nato decollare dall'aeroporto militare di Birgi, a dimostrazione della funzione strategica dell'Isola, mentre l'aeroporto civile venne chiuso al traffico dei passeggeri.
Con la scusa di scovare e annientare le fantomatiche armi di distruzione di massa di Gheddafi (che poi, proprio come quelle di Saddam Hussein si rivelarono inesistenti) scattò l'operazione in grande stile, rispetto alla quale (nonostante alcuni maldestri tentativi) non si riuscì a nascondere all'opinione pubblica il ruolo di portaerei svolto dalla Sicilia.
Adesso la situazione potrebbe ripetersi, con alcune differenze sostanziali che, però, potrebbero mettere a serio rischio l'Isola. La Siria, infatti, non è una nazione isolata come la Libia e nemmeno come era stato l'Iraq nell'ultimo periodo di Saddam. Damasco e il presidente Assad godono, infatti, di solidi appoggi internazionali, soprattutto dalla Russia, dalla Cina e, circostanza più delicata, dall'Iran. A proposito della Russia, non è un caso che proprio da qualche giorno, al largo delle coste siriane stazionino pericolosamente unità navali della Marina militare di Putin. E di certo, se il conflitto dovesse entrare nel vivo, la Russia non starebbe a guardare. Così, come non lo farebbe l'Iran.
Il governo italiano potrebbe non avere parte attiva nelle operazioni militari: in questo senso si è espresso il ministro Bonino. Se lo chiedesse l'Onu, però, allora l'Italia dovrebbe mettere a disposizione le basi siciliane di Sigonella e Birgi, come già avvenuto nel conflitto libico. E se è vero che Emma Bonino ha dichiarato che questo avverrebbe solo previo voto favorevole del Parlamento, è altrettanto scontato che in caso di richiesta delle Nazioni Unite è impensabile che Montecitorio neghi il proprio "via libera". Infatti, anche in occasione dell'attacco contro Gheddafi, in un primo tempo il nostro Paese aveva dichiarato che sarebbe rimasto fuori dalle ostilità, salvo poi fare marcia indietro, fino a cedere alle pressioni e spalancare le proprie porte ai bombardieri. In questa eventualità l'Isola sarebbe investita di un ruolo strategico fondamentale.
Ed è probabilmente, proprio per scongiurare un "pericolo rappresaglia" nei confronti della Sicilia, che negli ultimi tempi sarebbero aumentate le esercitazioni militari in terra di Trinacria, sempre più frequenti. Così come si spiega con la stessa logica anche l'invio di nuovi droni - gli aerei senza pilota - che gli Stati Uniti hanno di recente mandato in Sicilia, unitamente a nuovi contingenti di Marines, che adesso affollano la base di Sigonella e non solo.
E non è tutto, perché sempre in Sicilia nei mesi scorsi sono state segnalate a più riprese massicce esercitazioni di terra nei pressi di Contessa Entellina, nell'entroterra fra Palermo e Agrigento. Per non parlare della ripresa dei lavori del Muos, l'impianto spia degli Usa, in via di completamento, con il sindaco di Niscemi altalenante, fra un generico "no al radar" e lo sgombero forzato dei presidi di protesta. Insomma, la Sicilia potrebbe presto essere nel mirino.

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